Le origine storiche del Fondo di Previdenza della Cassa di Risparmio di Firenze


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A cura dell’Avv. Michele IACOVIELLO

Le origini dal 1829

Fin dall’epoca della fondazione della Cassa di Risparmio di Firenze – anno 1829 – i suoi amministratori si preoccuparono di corrispondere un “trattamento di riposo” al personale.
Il 30 settembre 1856 è stato approvato il primo regolamento in materia, sotto il titolo “norme per l’assegnazione della pensione agli impiegati della Cassa di Risparmio e alle loro vedove e figli minorenni”.

Il regolamento ricalcava in parte quello del 1837 della Cassa di Risparmio per le province lombarde: veniva costituito un fondo di riserva speciale, con esclusiva destinazione di scopo, alimentato finanziariamente da un decimo degli utili della Cassa, senza concorso contributivo del personale, al quale non era conferito alcun diritto alla pensione, liberamente concedibile dal Consiglio di Amministrazione della Cassa, peraltro nell’ambito di criteri prestabiliti.
Va soggiunto che durante il vigore del regolamento del 1856 (sino al 1902) la Cassa di Risparmio, per quanto non rigorosamente obbligata, concesse sempre il trattamento di pensione agli impiegati collocati a riposo e alle vedove e figli minorenni.

Gli sviluppi dal 1902 al 1922

La Cassa di risparmio di Firenze – che dal 1856 al 1902 aveva applicato il regolamento del 1856 – introdusse, con deliberazione consiliare del 20 agosto 1902, nuove forme e nuovi criteri per la corresponsione delle pensioni.
Fermo restando il regolamento del 1856 per gli impiegati in ruolo al 1° settembre 1902, anzi riconoscendo ad essi il diritto alla pensione – e sino allora era stata discrezionalmente concessa dall’Istituto – veniva istituito un “Fondo” alimentato da trattenute mensili sugli stipendi dei singoli impiegati e da correlativi contributi versati dalla Cassa.
Detto “Fondo” era suddiviso in altrettanti “conti individuali”, l’ammontare di ciascuno dei quali, al giorno del collocamento a riposo, determinava, in relazione all’età del pensionando, l’importo della sua pensione annua.
L’applicazione del regolamento del 1902 dimostrò la sua pratica insufficienza, specialmente nei casi di collocamento straordinario a riposo o di morte dopo breve servizio.
Inoltre, la diversità di trattamento fra i due ordinamenti era troppo stridente:

  • con le norme del 1856 veniva concessa, una pensione commisurata all’ammontare dello stipendio goduto dal dipendente nell’ultimo triennio proporzionalmente agli anni di servizio prestati (in trentesimi) e con totale onere a carico dell’Istituto. Il trattamento pensionario era quindi eguale per tutti i dipendenti che si trovavano nelle stesse condizioni;
  • col regolamento del 20 agosto 1902 il trattamento di quiescenza era svariatissimo, dipendendo esso dal cumulo delle somme formanti il conto individuale, dall’età del pensionato e dalle condizioni di famiglia (celibe o coniugato con figli minorenni o senza). Tale conto era inoltre alimentato, come precedentemente detto, da rilasci mensili del personale e da contributi dell’Istituto.

La Direzione della Cassa, che già da tempo aveva rivolto la sua attenzione a questo delicato argomento, per quanto riconoscesse arduo il problema e radicale la riforma che sarebbe stata necessaria, era risoluta a trovarne comunque la soluzione. Infatti nel dicembre 1919, in occasione della riforma del regolamento organico del personale, formulò la proposta di un nuovo Regolamento pensioni, con il quale veniva abbandonato il sistema del “conto individuale” per tornare a quello adottato dalle norme del 1856.

Le principali innovazioni introdotte nel nuovo progetto erano le seguenti:

  • concessione all’impiegato collocato a riposo di una pensione in misura equivalente ai 9/10 dello stipendio mensile percepito nell’ultimo triennio, proporzionalmente agli anni di servizio prestati (in trentesimi);
  • determinazione di un limite massimo all’età della pensione, nella misura di L. 12.000 annue;
  • limitazione del rilascio al Fondo da parte del dipendente nella misura dl 5% dello stipendio;
  • estensione del nuovo regolamento a tutti gli impiegati, compresi quelli ammessi a ruolo prima del 1902.

Il regolamento in parola, presentato alla fine del 1919 alla Commissione costituita da Consiglieri e dipendenti (che stava studiando la riforma del regolamento organico), dette luogo a viva ed estesa discussione, senza che si giungesse, però, a determinazione alcuna.

Successivamente avendo il Consiglio deliberato – nell’adunanza del 7 gennaio 1920 – che nessun rilascio a favore del Fondo sarebbe stato richiesto agli impiegati sul loro stipendio, fu dato incarico ad un attuario (Ing. Guido Toja) di determinare, sia l’ammontare della riserva matematica occorrente, sia l’esatta misura del contributo che da allora in poi la Cassa avrebbe dovuto, da sola, versare al Fondo. Ciò in relazione anche ai mancati contributi degli impiegati, che fino ad allora ne erano stati esentati dal regolamento del 1902.
Le trattative si protrassero per lungo tempo, sia per la necessità di dirimere alcuni punti fondamentali che per il riflettere sulle proposte ed obiezioni reciprocamente fatte dalle parti e prendere quindi le relative decisioni.

Finalmente, nelle adunanze del 7 dicembre 1921 e del 26 gennaio 1922, il Consiglio di Amministrazione approvò l’istituzione, con effetto dal 1° gennaio 1919 di due Fondi pensioni autonomi per il personale, denominati rispettivamente “Cassa pensioni per gli impiegati della sede centrale della Cassa centrale di risparmi e depositi di Firenze” e “Cassa pensioni per gli impiegati delle Casse affiliate ed agenzie della Cassa centrale di risparmi e depositi di Firenze”. I Fondi suddetti avevano lo scopo di provvedere alla corresponsione di una pensione diretta di riposo all’impiegato e di reversibilità alla vedova e figli minorenni ed erano incrementati da contributi mensili, a esclusivo carico della Cassa, nella misura del 20% degli stipendi percepiti dagli impiegati di ruolo.

La situazione dal 1919 al 1949

I fondi di pensione autonomi per il personale, costituiti nel 1919, ottennero il riconoscimento della personalità giuridica con R.D. 27 gennaio 1927, n. 289, anche in relazione con l’esonero dall’obbligo dell’assicurazione generali invalidità e vecchiaia.

Un regolamento del Fondo pensioni, deliberato dal Consiglio di amministrazione il 28 giugno 1926 – che prevedeva un contributo al Fondo pensioni nella misura del 25% degli stipendi (15% a carico della Cassa di risparmio e 5% a carico degli impiegati) – non venne attuato a seguito di eccezioni del Ministero e della Cassa nazionale delle assicurazioni sociali.

Con deliberazione consiliare dell’11 giugno 1931 il trattamento pensionistico di tutto il personale dell’Istituto venne unificato.

Con accordo sindacale del 13 aprile 1939 il trattamento di previdenza del personale – alimentato da contributi del 20% a esclusivo carico dell’Istituto – venne mantenuto nella forma pensionistica per gli impiegati della Sede centrale assunti prima del 31 dicembre 1925 e per tutti gli impiegati delle filiali, mentre fu attuato nelle forme dei conti individuali di previdenza – alimentati da un contributo del 15% degli stipendi a carico della Cassa e del 5% a carico degli impiegati – per gli impiegati della Sede centrale assunti dopo il 1° gennaio 1926.

Nel dopoguerra dal 1949 al 1955

A causa della svalutazione della moneta, la forma previdenziale dei fondi individuali risultò inadeguata e non più rispondente alle esigenze del personale.

Nell’anno 1949, dopo varie assemblee del personale con la partecipazione della Commissione interna e delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori, la Cassa di risparmio iniziò trattativa al fine di unificare il sistema previdenziale mediante la iscrizione del personale della Sede centrale alle Casse pensioni.

Con l’accordo aziendale 8 marzo 1950 (ratificato dalla Cassa con deliberazione consiliare del successivo 11 marzo) venne data nuova disciplina al trattamento di quiescenza di tutto il personale dell’Istituto, al quale veniva garantito un trattamento pensionario pari al 100% delle voci pensionabili; in tutti i casi di collocamento a riposo previsti dall’art. 87 dell’allora vigente C.C.N.L.

Tutto il personale veniva così ad essere regolato, agli effetti pensionari, dagli statuti delle Casse pensioni “enti morali” con contributi alle Casse medesime del 4% a carico del personale e del 16% a carico dell’Istituto, e con trasferimento alle riserve matematiche delle Casse predette dei saldi dei “fondi individuali”.

Seguirono, nel 1955, la reiezione delle domande presentate al Ministero dal Monte dei Paschi di Siena, dalla Cassa di risparmio di Firenze e dalla Cassa di risparmio delle province lombarde.
Il Ministero del lavoro, dopo aver respinto le domande di esonero delle Casse di risparmio di Firenze, Torino e delle province lombarde, rivolse loro invito formale (nota 12 maggio 1955, n. 32551) di trattare – per il tramite dell’A.C.R.I. – la stipulazione di convenzioni con l’INPS per regolare le modalità di inserimento nel sistema dell’assicurazione generale obbligatoria.
L’invito non venne accolto; anzi, le Casse interessate presentarono al Consiglio di Stato ricorsi avverso il provvedimento di mancata concessione dell’esonero.
Ricorso analogo venne presentato dal Monte dei Paschi di Siena. Il Consiglio di Stato (VI Sez.) con ordinanze del 1955, sospese l’esecuzione dei provvedimenti ministeriali, così prorogando il temporaneo esonero dei ricorrenti dall’obbligo di versare i contributi all’assicurazione generale.

Dal 1955 al 1963: la concessione dell’esonero con Decreto del Presidente della Repubblica

Dopo l’ordinanza del Consiglio di Stato venne emanata la legge n. 55 del 1958, che all’art. 15 prevedeva l’esonero con DPR.
Per la Cassa di Risparmio di Firenze venne istituito il “Fondo di previdenza per il personale della Cassa di risparmio di Firenze” con D.P.R. 14 febbraio 1963, n. 439 (G.U. 10 aprile 1963, n. 97 e circolare INPS n. 114/1055 del 1964).
Successivamente lo Statuto venne modificato con D.P.R. 18 aprile 1973, n. 468.

Dopo il 1990: la trasformazione da Fondo esonerativo in Fondo Integrativo

Nel 1990 venne attuata la riforma della privatizzazione delle Casse di Risparmio con la legge 218/90 ed il Decr. Leg.vo 357/90.
Da quel momento il Fondo diventa integrativo.
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